Patrocini

Ad Isola del Liri l’arrivo della gara, proprio sotto la cascata, la quale, però, non segna una fine: qui arrivano gli atleti ma il fiume continua il suo corso attraversando territori contermini altrettanto ricchi di una storia condivisa e caratterizzati da un patrimonio comune.

Il fiume travalica i confini amministrativi e, così, con i suoi ponti, diventa esso stesso “ponte”, fisico ma anche ideale, unendo territori diversi che in sua assenza rimarrebbero divisi, al fine di recuperare, conservare e valorizzare l’importante patrimonio culturale e paesaggistico che li caratterizza.

Così quest'anno altri due Comuni sono entrati a far parte della manifestazione offrendo il loro Patrocinio: il Comune di Arpino, il cui territorio, oggi ridimensionato rispetto al passato, in epoca antica era solcato dalle dal Liri, e il Comune di Minturno, presso il quale il mare accoglie le acque dolci del fiume.

Arpino Percorso culturale

arpino

Informazioni

Regione Lazio
Altitudine 447 m
Superficie 56,24 km²
Abitanti 7677

Arpino è un comune italiano di 7677 abitanti della Provincia di Frosinone; “Città d’Arte” della Regione Lazio, è insignita della Bandiera Arancione, marchio di qualità del Touring Club italiano.
Dalle mitiche origini saturnie, è stata importantissima città fortificata dei Volsci, dei Sanniti e dei Romani. Lo testimoniano le imponenti mura megalitiche, dette anche ciclopiche per la grandezza dei massi con cui sono costruite; in esse si apre una originale porta a sesto acuto, unica del genere in Europa.

Nel 188 a.Chr.n. ottenne la piena cittadinanza romana e gli abitanti godettero di tutti i diritti propri dei cittadini romani; la città ampliò il territorio a nord-ovest fino a Casamari e a sud fino ad Arce. Con Caio Mario, l'ager Arpinas si arricchì di possedimenti nella Gallia. Per secoli, fin dall'alto medioevo, è stato dominio di numerosi signori prima di far parte definitivamente, dopo lunghe contese con il papato, del Regno di Napoli. Fino all'unità d'Italia è stata fiorente per l'industria della lana.

Tra le chiese ricordiamo quella di San Michele Arcangelo (sec. X), la quale conserva opere del Cavalier d'Arpino, della Scuola del Caravaggio e della Scuola toscana. Nella chiesa di Santa Maria di Civita (sec. Xl) è custodita la statua lignea dell'Assunta (sec. X-XI).
Particolarmente venerata dagli arpinati, viene portata in processione la mattina del 15 agosto su una monumentale "macchina" in legno dorato (sec. XVIII), opera dello Stolz. Il Monastero di S. Andrea Apostolo, uno dei più antichi monasteri di clausura benedettini della nostra zona, custodisce un antico Crocifisso a olio (sec. XVII), sotto il quale è stato rinvenuto un esemplare medioevale di croce dipinta raffigurante il "Christus triumphans", cioè il Cristo trionfante sulla morte (sec. XIV).
Arpino è famosa anche per aver dato i natali a uomini illustri quali M. Vipsanio Agrippa, Caio Mario, San Francesco Saverio M. Bianchi, Giuseppe Cesari (il Cavalier d’Arpino) e M. Tullio Cicerone: in suo onore, ogni anno, nel mese di maggio ad Arpino, si svolge il Certamen Ciceronianum Arpinas, una gara di traduzione e commento dal latino di un brano del grande oratore.

Minturno Percorso culturale

Il Comune di Mintùrno è situato nel golfo di Gaeta, in provincia di Latina. Si trova a poca distanza dalle rinomate Terme Vescine di Suio-Castelforte, dalla famosa Abbazia di Montecassino e dalle affascinanti Isole Pontine, raggiungibili dal vicino porto di Formia. Minturno confina a nord con i Comuni di Spigno Saturnia e di Coreno Ausonio (Frosinone), ad est con il quello di Santi Cosma e Damiano e con la Regione Campania, a sud con il Mar Tirreno, ad ovest con i Municipi di Spigno Saturnia e di Formia.

Difeso alle spalle dai Monti Aurunci, il comprensorio minturnese si estende per circa 42 chilometri quadrati e vanta un tratto di costa di quasi 7 chilometri, racchiuso tra l’Area Protetta Regionale di Giànola-Monte di Scàuri e la foce del Garigliano. Il Municipio pontino, Medaglia d’Oro al Merito Civile per i danni subiti e per le oltre 700 vite umane sacrificate nella seconda guerra mondiale, conta 19.781 abitanti (maggio 2015). Il Comune è costituito dal capoluogo Minturno (Traetto fino al 1879), dalle località turistiche di Scàuri e di Marina, dalle frazioni collinari di Tufo, Tremensuòli, Santa Maria Infante e di Pulcherìni.

La sua vocazione turistica è antica e si basa sulle varie risorse del proprio territorio, composto dalla zona costiera e da quella collinare. La conferma giunge dal ritrovamento, sulla fascia litoranea, di rovine di ville romane e dall’accertata presenza in loco di noti personaggi dell’epoca repubblicana, come i consoli Caio Mario e Marco Emilio Scauro. I centri costieri di Scauri e di Marina sono presi d’assalto, d’estate, da migliaia di villeggianti.

Alla discreta ricettività alberghiera si affiancano la presenza di vari campeggi e la rilevante offerta rappresentata da alloggi privati (disponibili anche in bassa stagione). Nella baia di Monte d’Oro sono attivi un porticciolo turistico, dotato di circa 100 posti-barca, ed una serie di pontili galleggianti, in grado di ospitare altrettante imbarcazioni. Un ulteriore punto di attracco è costituito dalla foce del Garigliano. Le frazioni collinari si propongono come mete alternative al turismo balneare, ideali per un contatto diretto con la natura.

Oltre ad offrirsi come comune turistico, Minturno si presenta anche come fiorente realtà economica, basata soprattutto sul commercio e sull’agricoltura. Circoscritta è l’attività industriale. Nell’area costiera operano oltre 300 esercizi in sede fissa che danno vita ad un vero e proprio “centro commerciale naturale”. Mercati settimanali si svolgono il mercoledì (a Scauri) ed il sabato (a Minturno). Nelle zone interne ed in collina sviluppata è la coltivazione in serra e consistente risulta la produzione di olive, agrumi, uva e ortaggi. La duplice connotazione marinara-collinare del Comune pontino si riflette anche nella gastronomia, dove primeggiano piatti a base di pesce e minestre di legumi, ben supportati da prodotti caseari, in primis la mozzarella della vicina “scuola campana”. Per quanto riguarda l’artigianato, vanno ricordate, infine, le lavorazioni in legno, in cotto ed in ceramica, retaggio di antichi mestieri, un tempo molto diffusi.

Nei pressi del fiume Garigliano, che divide il Lazio dalla Campania,  sorgono i resti dell’antica Minturnae. Città alleata dei Sanniti, si schierò contro Roma. Nel 314 a.C. fu distrutta dai Romani. In seguito alla costruzione della via Appia (Regina Viarum), voluta nel 312 dal censore Appio Claudio Cieco, la città iniziò a risorgere. Nel 296 a.C. fu ripopolata con la deduzione di una colonia romana. Altri coloni giunsero successivamente, ai tempi di Cesare e di Augusto. Centro commerciale di rilievo, Minturnae assolse (soprattutto in epoca imperiale) la funzione di controllo della “strada fluviale” (l’antico Liris, oggi Garigliano) e del pons Tirenus, menzionato da Cicerone. Nelle paludi minturnesi trovò rifugio, nell’88 a.C., il console Caio Mario, tallonato dagli uomini del rivale Silla. I magistrati ordinarono la sua uccisione per mano di uno schiavo cimbro. Il condottiero riuscì a sfuggire alla morte, dopo aver intimorito il germanico. I locali aiutarono poi Caio Mario ad imbarcarsi sulla nave di Beleo, diretta verso l'Africa.

La caduta dell’Impero Romano d’Occidente determinò, inesorabilmente, anche il declino di Minturnae, esposta alle frequenti scorribande degli eserciti in transito nella zona costiera. Verso il VI sec. d.C., la popolazione locale abbandonò la città-porto e si trasferì in collina, in un luogo ritenuto più sicuro. Forse per volere del Papa Leone III nacque Castrum Leopolis, che prese poi il nome di Traétto (dovuto alla scafa che congiungeva le due sponde del Garigliano e mantenuto fino al 13 luglio 1879).
A Scauri vecchia, nei pressi del Monte d’Oro, sorgono imponenti vestigia, identificate da vari esperti come talune rovine della città ausone di Pirae. L’insediamento preromano diede vita ad un attivo scalo marittimo ed attraversò un periodo florido forse tra il VII-VI secolo a.C., gestendo rapporti politico-economici con le vicine città della Pentàpoli Aurunca (Minturnae, Suessa, Sinuessa, Vescia, Ausona). La città  fu distrutta totalmente dai Romani fra il 358 ed il 337 a.C. Infatti, lo scrittore latino Plinio il Vecchio, vissuto nel I sec. d.C., evidenziò nella Naturalis Historia: fuit oppidum.

Il toponimo di Scauri deriva, secondo gli studiosi, da Marco Emilio Scàuro (162-90/89 a.C.), console nel 115, princeps senatus, politico romano legato a Caio Mario ed alla potente famiglia dei Metelli. Per oltre 30 anni fu leader dei conservatori. A lui si deve la costruzione del Ponte Milvio (a Roma) e della via Emilia che collegava Vada (Livorno) a Tortona (Alessandria). A Marco Emilio Scauro è da attribuire la villa romana, i cui resti sono racchiusi oggi in proprietà private ma sono inseriti nell’Area Protetta di Gianola-Monte di Scauri, che fa parte del Parco Regionale Riviera di Ulisse. Oggi Scauri, primo centro urbano del comune, è una località turistica e commerciale, sulla scia dei fasti che la consacrarono quale centro di villeggiatura degli antichi Romani. La ricettività si basa, oltre che su alberghi e pensioni, su migliaia di alloggi privati. Fiori all’occhiello della cittadina sono il Lungomare e la spiaggia, lunga circa 4 chilometri. Tra gli ospiti illustri vanno ricordati l’esploratore Umberto Nobile, la pedagogista Maria Montessori, l’attore Nino Manfredi ed il Cardinale Karol Wojtyla.

Aquino Percorso culturale

Il nome Aquino proviene dal latino Aquinum che significa “acqua”, questo termine sarebbe testimoniato dall'abbondanza di acqua che ancora oggi attraversa il territorio, comprese le tante piccole sorgenti che non fanno altro che confermare l'ipotesi di tale etimologia. Aquino fu un importante centro, commerciale e produttivo lungo l'antica Via Latina, oggi è ancora un luogo di transito importante sulla direttiva Nord-Sud: qui convergono l'A1, la via Casilina e due tratte ferroviarie Roma-Napoli.

Il territorio sembra abitato già dal neolitico e diventa volsco nel IV secolo a.C. La città viene fondata dai Volsci che la difesero dai Sanniti, prima della colonizzazione romana.

L’antica città di Aquinum sorgeva nella media valle del Liri (l’antica valle Latina), ai piedi del gruppo montuoso dominato dal monte Cairo (m. 1.669) in una vasta area pianeggiante lambita ad Est da tre antichi laghi oggi prosciugati e bonificati (Vallone di Aquino), dove scorre un corso d’acqua, affluente di sinistra del Liri, denominato Le Forme d’Aquino. Aquinum fa la sua prima apparizione nelle fonti storiche in occasione della seconda guerra punica, quando Livio ricorda come nel 211 a.C. l’esercito di Annibale passò nelle vicinanze della città, per poi proseguire la sua marcia verso Fregellae.

Per il periodo successivo non abbiamo testimonianze fino al I sec. a.C., soprattutto in rapporto a vicende legate all’importante figura di Cicerone, nato in zona nella vicina Arpinum, frequentatore e profondo conoscitore dei luoghi e dei costumi aquinati. Ai tempi di Cicerone la città doveva essere un municipium, mentre in età triumvirale, venne dedotta una colonia.

È in questo momento, tra la fine dell’età repubblicana e la prima età imperiale, che Aquinum raggiunse il suo massimo splendore, tanto da essere definita “grande città” dal geografo Strabone. Originario di Aquinum, era probabilmente il poeta Giovenale, che nei versi di una sua satira ne parla in contrapposizione con Roma, come esempio di città a misura d’uomo.

Nessun avvenimento degno di nota è da ricordare nei primi secoli dell’impero, mentre in età tardo-antica si delinea un’importante comunità cristiana; intorno alla metà V e all’inizio del VI secolo d.C., infatti, compaiono i primi nomi di vescovi aquinati.
Infine, il momento di passaggio tra la città tardo-antica e la Aquino Medievale è da collocare intorno agli anni 587-589 d.C., con l’arrivo dei Longobardi che occupano stabilmente e trasformano definitivamente la città romana.

Oggi parte della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, è stata sede episcopale almeno dal V secolo.
Nel 1461 Onorato Caetani, signore di Sermoneta tenne una zecca ad Aquino per esigenze militari, in appoggio al pretendente al trono Giovanni d'Angiò.

Castrocielo Percorso culturale

Aquinati, dopo la distruzione della loro città ad opera dei Longobardi, si ridussero ad abitare sulla sommità del Monte Asprano.
Il luogo era stato chiamato, sia per l'altezza del sito che per la presenza di fortificazioni, "Castrum Coeli". Quando nel 994, il ventottesimo Abate di Montecassino, Mansone, che da poco aveva avuto il possesso dell'intero territorio, salì sulla montagna per erigervi fortificazioni, vi trovò «nonnulla veterum… aedificia», e diede inizio alla costruzione di un nuovo castrum, in un primo tempo interrotta per mancanza di acqua. Normalmente, si fa risalire a lui la fondazione di Castrocielo, fissata all'anno 996.
Nonostante la posizione arroccata e le difficili condizioni del luogo in cui sorgeva, il pagus - anche a causa delle numerose scorrerie dei saraceni che continuavano ad affliggere la Valle del Liri - si estese sempre più, fino a raggiungere il massimo intorno al 1020/1030.
Terminato il periodo delle incursioni, la popolazione cominciò a scendere a valle, in cerca di condizioni di vita più agevoli e di terre da coltivare: una parte scese a Nord-Est fondando il paese di Colle San Magno con la relativa frazione di Cantalupo; un'altra parte scese invece nella valletta a Sud, formando due abitati: uno, più grande, sulle pendici del Monte Asprano e a nord di un fossato presente nella valletta, cui fu dato il nome di Palazzolo in virtù dei resti di un palacium, attualmente identificato con una delle numerose ville di epoca romana che sorgevano sulla via Casilina; a sud dello stesso fossato, accanto ad un piccolo monastero femminile benedettino- la cui presenza era documentata sin dal 1134 - cui fu dato il nome di Campo.

Già nel 1603 erano rimaste sulla montagna solo 12 famiglie, che presto scesero a valle. Il nome del paese, col tempo, venne modificato in Castro Cielo Palazzolo o Palazzolo di Castrocielo: tale denominazione è tuttora richiamata dalle lettere "C C P" presenti nello stemma del comune.

Per tutto il medioevo, Castrocielo fu conteso fra l'Abbazia di Montecassino e i Conti di Aquino. Nel 1583, Castrocielo fu acquistato dai Boncompagni, che mantennero il feudo fino al 1796, quando passò sotto il controllo regio.